Limiti al trasferimento del dipendente presso altra sede
(Cass. Sez. Lavoro, Sent. n. 1608 del 28 Gennaio 2016).
Con la Sentenza richiamata, la Corte di Cassazione ha fissato i limiti al trasferimento del dipendente presso altra sede, precisando come, in caso di dislocazione, il datore di lavoro debba considerare le richieste del lavoratore in relazione alle sue condizioni di vita ed esigenze familiari, se e in quanto compatibili con le ragioni tecniche ed organizzative dell’impresa.
Pertanto, fermo restando l’insindacabilità dell’opportunità del trasferimento e salvo che risulti diversamente disposto dalla contrattazione collettiva, al datore di lavoro non basterà “il gesto della mano” per trasferire il proprio dipendente, ma dovrà confrontarsi con le esigenze del lavoratore per individuare la scelta organizzativa più razionale:
Il datore di lavoro, in applicazione dei principi generali di correttezza e buona fede (Art. 1375 Cod. Civ.), qualora possa far fronte alle ragioni produttive avvalendosi di differenti soluzioni organizzative, per lui paritarie, á tenuto a preferire quella meno gravosa per il dipendente, soprattutto nel caso in cui questi deduca e dimostri la sussistenza di serie ragioni familiari ostative al trasferimento
Il potere del datore di lavoro di modificare il luogo della prestazione dovuta dal lavoratore subordinato viene regolato (in maniera alquanto laconica, dall’Art. 2103 Cod. Civ.) all’atto dell’assunzione e ne diviene una componente modificabile solo al ricorrere di determinati presupposti.
Tali condizioni, lungi dall’essere specificamente indicate in maniera tassativa, sono espresse nella clausola generale di cui all’Art. 2103 Cod. Civ., secondo la quale il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva all’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
È di tutta evidenza come tale clausola si presti ad interpretazioni non sempre facili, con difficoltà applicative di non poco conto.
Secondo giurisprudenza costante, il trasferimento geografico è comunque da ritenersi legittimo solo qualora la presenza di quel dipendente (dotato di quella particolare professionalità) nella sede di destinazione sia indispensabile, la sua presenza nella sede di provenienza sia superflua e le ragioni poste alla base della scelta di quel dipendente e non di altri siano fondate.
In difetto di tali condizioni, il trasferimento è illegittimo e può essere annullato.