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Il danno da “stress lavoro correlato”

Il danno da stress lavoro correlato è un argomento di grande attualità e, pertanto, merita un approfondimento.

Lo stress determinato dall’attività lavorativa viene denominato “stress lavoro correlato”.

Esso, secondo la definizione riportata all’Art. 3 dell’Accordo Europeo dell’8 Ottobre 2004 (recepito dall’Accordo Interconfederale del 9 Giugno 2008), è una situazione di prolungata tensione che può determinare un peggioramento dello stato di salute, anche con ricadute patologiche gravi.

Il fenomeno, come precisato anche dal citato Accordo Europeo, può riguardare ogni lavoratore, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda, dal settore di attività o dalla tipologia di contratto.

Come recentemente ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza n. 5590 del 22 Marzo 2016, il risarcimento del danno da stress lavoro correlatosi inscrive nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da inadempimento contrattuale e, in linea generale, la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto sofferto dal titolare dell’interesse leso, sul quale grava l’onere della relativa allegazione e prova, anche attraverso presunzioni semplici.

Più precisamente, il diritto del lavoratore al risarcimento del danno da stress lavoro correlato sorge in presenza di tre presupposti:

  • la condotta censurabile del datore di lavoro;
  • un danno medicalmente accertabile;
  • il nesso di causalità tra la condotta censurabile e il danno.

Quanto alla condotta datoriale che può dar luogo al diritto risarcitorio, occorre considerare che l’Art. 2087 Cod. Civ. stabilisce l’obbligo del datore di lavoro di “adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

A questo proposito, la Corte di Cassazione chiarisce che “l’obbligo che scaturisce dall’Art. 2087 non può ritenersi limitato al rispetto della legislazione tipica della prevenzione, riguardando altresì il divieto, per il datore di lavoro, di porre in essere, nell’ambito aziendale, comportamenti che siano lesivi del diritto all’integrità psicofisica del lavoratore” (Cass. Civ., Sez. Lav., 02 Maggio 2000 n. 5491).

L’attuale quadro normativo, inoltre, ha individuato lo stress lavoro correlato come uno dei rischi oggetto di necessaria valutazione e gestione da parte dell’azienda, secondo i contenuti fissati con il Decreto Legislativo n. 81/2008, che disciplina, nell’ambito dell’organizzazione aziendale, la materia della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

A mente di tale disciplina, il datore di lavoro è tenuto:

– alla valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza, compreso lo stress lavoro correlato;

– alla “programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro” (Art. 15 lett. b);

– al “rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo” (Art. 15 lett. d).

Alla luce di quanto sopra, pertanto, il datore di lavoro non solo deve astenersi da iniziative, comportamenti o scelte che possano ledere il lavoratore, egli è altresì obbligato – attraverso una oculata organizzazione del lavoro – ad attivarsi per la protezione dell’integrità fisica e psichica del dipendente.

A titolo esemplificativo, sotto il profilo in esame, possono essere censurabili le seguenti condotte datoriali:

  • imporre un ritmo di lavoro superiore alla normale esigibilità, anche prefissando scadenze a breve termine;
  • esercitare costanti pressioni per la rapida conclusione di un compito, assillando il lavoratore o minacciando conseguenze sanzionatorie;
  • sollecitare e stimolare rivalità tra colleghi;
  • non rispettare i riposi giornalieri o settimanali del lavoratore;
  • organizzare il lavoro lasciando aree produttive con organico sottodimensionato;
  • organizzare il lavoro allocando le risorse umane in modo irrazionale, senza considerare le qualità e le propensioni dei singoli;
  • distribuire i carichi di lavoro in modo iniquo;
  • creare ambiguità di ruoli e mansioni.

In tutti questi casi, il lavoratore, cercando di fronteggiare le illegittime richieste provenienti dal contesto lavorativo, esaurisce le proprie energie psico-fisiche, anche con gravi ripercussioni in termini di danno alla salute.

I danni che, infatti, possono essere medicalmente correlati ad una condizione di stress spaziano da malattie a base organica, come infarti o patologie dell’apparato immunitario o gastrointestinale, sino ad arrivare a malattie neurologiche e psichiche.

Tra queste ultime sta avendo una certa risonanza, anche mediatica, la sindrome del burnout, patologia che porta gradualmente il lavoratore verso l’esaurimento emotivo e il progressivo deterioramento di valori, volontà e dignità.

Ma la casistica di patologie correlate a situazioni di stress sono molteplici.

Con una nota Sentenza del 2012, la Suprema Corte di Cassazione  (Cass. Civ., Sez. Lav.,  24 Ottobre 2012 n. 18211) ha riconosciuto una somma risarcitoria, pari a € 25.000,00, ad un portinaio che, a causa dei lunghi turni di lavoro (dalle 21.00 alle 9.00), riportava una sindrome nevrotico ansiosa da stress lavorativo.

Una recente pronuncia della Cassazione (Cass. Civ., Sez. Lav., 14 Luglio 2015  n. 14710) ha qualificato come danno da usura psicofisica il pregiudizio conseguente allo stress vissuto da un camionista che non riusciva a godere dei riposi giornalieri e settimanali previsti dalla Legge.

Il Tribunale di Aosta (Trib. Aosta, Sez. Lav., 01 Ottobre 2014 n. 121) ha riconosciuto il risarcimento del danno ad una commessa che, a causa di una situazione di stress forzato sul posto di lavoro (straining), pativa un disturbo dell’adattamento di tipo misto, con ansia e umore depresso.

E’ opportuno citare, per concludere, una Sentenza della Corte di Cassazione che, seppur datata (Cass. Civ., Sez. Lav.,  01 Settembre 1997 n. 8267), chiarendo la portata applicativa del tema in esame, ha riconosciuto a un impiegato il risarcimento del danno biologico derivato dall’infarto causato dalla stressante attività cui era sottoposto per fronteggiare l’elevato carico di lavoro dell’ufficio cui era preposto, con un organico del tutto insufficiente:

l'attività di collaborazione cui l'imprenditore è tenuto nei confronti dei lavoratori a norma dell'art. 2087 c.c. non si esaurisce nella predisposizione di misure tassativamente imposte dalla legge, ma si estende all'adozione di tutte le misure che si rivelino idonee a tutelare l'integrità psico-fisica del lavoratore. Ne consegue che anche il mancato adeguamento dell'organico aziendale (in quanto e se determinante un eccessivo carico di lavoro), nonché il mancato impedimento di un superlavoro eccedente - secondo le regole di comune esperienza - la normale tollerabilità, con conseguenti danni alla salute del lavoratore, costituisce violazione degli Artt. 41, comma 2, Cost. e 2087 Cod.Civ., e ciò anche quando l'eccessivo impegno sia frutto di una scelta del lavoratore (estrinsecantesi nell'accettazione di straordinario continuativo - ancorché contenuto nel cosiddetto monte ore massimo contrattuale - o nella rinuncia a periodi di ferie), atteso che il comportamento del lavoratore non esime il datore di lavoro dall'adottare tutte le misure idonee alla tutela dell'integrità fisico-psichica dei dipendenti, comprese quelle intese ad evitare l'eccessività di impegno da parte di soggetti in condizioni di subordinazione socio-economica

Da quanto sopra esposto, risulta evidente come la risarcibilità del danno da stress lavoro correlato, considerata la complessità del tema, debba essere valutata da esperti del settore che, consigliando il percorso medico-legale più adatto al caso di specie, sappiano indirizzare il lavoratore verso la scelta più opportuna.