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Violenza sessuale

Il fulcro attorno cui ruotano i fattori idonei a realizzare una violenza sessuale è costituito dalla violazione della sfera di libera autodeterminazione nell’ambito della propria intimità sessuale.

È necessario che la vittima esprima il proprio dissenso o è sufficiente che ella non neghi il consenso affinché si ritenga perfezionato il reato?

La Corte di appello di Ancona, con Sentenza del 09 Maggio 2013, riformava, con esclusivo riferimento alla concessione delle attenuanti generiche e conseguente rideterminazione della pena, la decisione con la quale il Tribunale di Pesaro aveva dichiarato la penale responsabilità dell’imputato in relazione al reato di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis Cod. Pen., ritenendo, nella fattispecie, sussistente l’ipotesi del fatto di minore gravità per avere egli usato violenza, nei confronti della donna, consistita nell’averla afferrata e, dopo aver sollevato la maglietta ed il reggiseno, toccata e baciata sul seno e sulla bocca.

Muovendo dal concetto secondo cui il fulcro attorno cui ruotano i fattori idonei a realizzare la fattispecie penalmente rilevante di violenza sessuale è costituito dalla violazione della sfera di libera autodeterminazione che l’ordinamento assicura all’individuo nell’ambito della propria intimità, l’imputato ricorreva in Cassazione sostenendo che la condotta di intromissione dell’agente nella sfera di intimità sessuale della persona offesa acquisisce rilevanza penale non tanto per la mancanza di consenso da parte della persona offesa, ma per l’esistenza di un dissenso, manifestato inequivocabilmente e come tale percepito dall’agente, a tale intromissione.

Lamentava il ricorrente, infatti, che la sentenza impugnata non avrebbe adeguatamente valorizzato, sotto il profilo della indagine in ordine alla completezza della fattispecie, il requisito della consapevole coartazione della volontà della persona offesa, requisito che ha, come suo corollario, la precisa percepibilità, da parte dell’agente, della contrarietà della predetta persona offesa alla disposizione del bene libertà sessuale.

Ritenendo la tesi del ricorrente in evidente contrasto sia con la lettera sia con lo spirito della normativa in tema di violenza sessuale, la III Sezione Penale della Corte di Cassazione, con Sentenza n. 49597, depositata il 22 Novembre 2016, rigettava il ricorso rilevando come

non sia ravvisabile in alcuna fra le disposizioni legislative introdotte a seguito della entrata in vigore della legge n. 66 del 1996, con la quale è stata apportata la radicale riforma dei reati connessi alla violenza sessuale ricordata anche dal ricorrente, un qualche indice normativo che possa imporre, a carico del soggetto passivo del reato, onde ritenere perfezionati gli elementi costitutivi del reato stesso, un onere, neppure implicito, di espressione del dissenso alla intromissione di soggetti terzi nella sua sfera di intimità sessuale; si deve, piuttosto, ritenere che tale dissenso sia da presumersi, laddove non sussistano indici chiari ed univoci volti a dimostrare la esistenza di un, sia pur tacito ma in ogni caso in equivoco, consenso…D'altra parte, nella giurisprudenza di questa Corte è assai frequente la ricostruzione in termini di violenza sessuale della condotta posta in essere dall'agente attraverso il compimenti di atti subdoli e repentini, realizzati senza il preventivo accertamento del consenso della persona destinataria di essi o, comunque, prevenendone la espressione del dissenso

Con ciò, la Corte di Cassazione, nell’esercizio della propria funzione di garanzia della corretta ed uniforme interpretazione della legge, ha chiaramente evidenziato come nei reati sessuali non sia richiesto, preventivamente (o almeno contestualmente) alla condotta dell’agente, il requisito del consenso del soggetto titolare dell’interesse alla disposizione del bene interesse.

Se così non fosse, si arriverebbe all’aberrante non punibilità per violenza sessuale di chi approfitta sessualmente di una persona dormiente o in stato di incapacità, anche transitoria, ad esprimere il proprio dissenso alla disposizione del bene-interesse tutelato dalla norma.