Violazione dell’obbligo di fedeltà e onere della prova
Ancora una volta, la Suprema Corte di Cassazione si pronuncia in merito alla violazione dell’obbligo di fedeltà e onere della prova.
La VI Sezione Civile della Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 27777/19, depositata il 30 Ottobre 2019, chiarisce come la parte che faccia valere la violazione dell’obbligo di fedeltà da parte dell’altro coniuge debba provare, in sede di separazione tra coniugi, la relativa condotta ed il nesso causale con l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Spetta invece a chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti alla base della domanda, ossia la non idoneità dell’infedeltà a rendere intollerabile la convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda.
La ricorrente, in particolare, ribadisce come la sentenza di secondo grado non abbia proceduto ad una valutazione comparativa delle condotte tenute da entrambi i coniugi e non abbia, altresì, tenuto conto della situazione di crisi familiare già in atto, attribuendo rilevanza esclusivamente alla relazione extraconiugale da lei intrapresa e ritenendo provato il nesso di causalità tra questa e la condotta infedele della ricorrente sulla base delle dichiarazioni del CTU, senza che il coniuge avesse fornito prove decisive al riguardo.
Per la Suprema Corte, tale motivo è infondato posto che la Corte d’Appello, nell’addebitare la separazione alla ricorrente, si è attenuta al principio più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, in virtù del quale
…la parte che faccia valere la violazione dell’obbligo di fedeltà da parte dell’altro coniuge deve provare la relativa condotta ed il nesso causale con l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Invece, incombe a chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti alla base della domanda, ossia la non idoneità dell’infedeltà a rendere intollerabile la convivenza, l’onere di provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, ovvero l’anteriorità della crisi matrimoniale alla infedeltà accertata…
Dato atto della mancata contestazione dell’intervenuta violazione dell’obbligo di fedeltà da parte della ricorrente, la sentenza impugnata ha posto in risalto da un lato la mancata dimostrazione dei fatti allegati a sostegno dell’asserita anteriorità della crisi familiare rispetto alla relazione extraconiugale da lei intrapresa, dall’altro l’infondatezza dell’assunto secondo cui il coniuge avrebbe a lungo tollerato il tradimento, richiamando la relazione del c.t.u. soltanto ad ulteriore conforto degli elementi risultanti dagli atti di parte e dalla documentazione prodotta.
Nel contestare la rilevanza degli elementi posti a fondamento della decisione, la ricorrente sollecita ancora una volta una rivisitazione dell’accertamento dei fatti risultante dalla sentenza impugnata, non censurabile in sede di legittimità per violazione di legge, ma esclusivamente per vizio di motivazione, configurabile nel caso di omessa valutazione di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza impugnata o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo, ovvero nel caso in cui la motivazione risulti totalmente assente o meramente apparente, oppure perplessa, incomprensibile o contraddittoria, al punto tale da rendere impossibile l’individuazione del percorso logico seguito per giungere alla decisione.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del contro-ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità.